Il naso del Pagliaccio è una storia da raccontare ai bambini (o da leggere insieme) durante il periodo di Carnevale, scritta da M. Lodi e tratta da Fiabe Italiane (Ed. Mondadori). Una storia adatta sia ai bambini della scuola primaria sia ai bimbi più piccoli che frequentano la scuola dell’infanzia.
Come per tutte le storie che pubblichiamo, oltre a leggerla online, proponiamo una versione da stampare gratuitamente e illustrata con un disegno da colorare. Per stamparla, basta scorrere la pagina verso il basso e seguire le istruzioni.
Il naso del Pagliaccio: una storia di Carnevale per bambini
C’era una volta un bambino così curioso che guardava tutto quello che gli capitava sotto il naso, e se non gli fosse capitato nulla, lo sarebbe andato a cercare: osservava le zampette delle mosche quando si pettinavano le antenne, i granellini colorati della sabbia, i cuoricini dei piccoli fiori da dove le api succhiano il nettare. E un giorno, proprio mentre annusava un piccolo fiore, un’ape arrivò lì e invece di chiedere – Permesso, si può? – gli punse il naso. – Ahi! – gridò il bambino. Il naso gli diventò gonfio e rosso. Quando si guardò allo specchio si spaventò: – Mamma mia, che faccia mi è venuta! Quella faccia col naso rosso e grosso come un pomodoro non gli piaceva e andò dal dottore. Il dottore non sapeva che cosa fare. – Possiamo bucarlo con un ago speciale per sgonfiarlo un po’ – disse – oppure lasciarlo sgonfiare da solo. Quando vide l’ago, il bambino scappò via e si tenne il naso grosso. In strada le persone che lo vedevano si mettevano a ridere e dicevano: – Guarda quel bambino, ha il naso da pagliaccio! A sentire quelle parole gli venne un’idea: fare il pagliaccio davvero. Nel circo. E ci andò. Il padrone del circo lo guardò bene e poi gli disse: – Hai proprio il naso che ci vuole per un vero pagliaccio – e lo accettò. Lo accompagnarono nel suo camerino, lo vestirono e lo truccarono: gli pitturarono la bocca di rosso e di giallo, la faccia di bianco con le righe nere intorno agli occhi. Poi gli misero una parrucca verde con pochi capelli, un vestito strano e le scarpe lunghe con le punte bucate. La sera doveva cominciare lo spettacolo e lui doveva recitare. Ma era la prima volta e non sapeva che cosa dire per far ridere la gente. Allora pensò di fare le stupidate che faceva sempre con i suoi amici quando giocava, fece le prove davanti allo specchio: diceva cucù e chicchirichì, mostrava la lingua, faceva la faccia da mostro. Poi sbatteva la testa contro il muro e fingeva di cadere, saltava come le rane, inventava parole strane senza significato. E poi, ogni tanto, gridava in dialetto: – Sa te fet cusè? – (Cosa stai facendo?), e rideva da solo come un matto. Quando il presentatore lo chiamò, lui uscì sulla pista e cominciò a fare le sue stupidate. La gente rideva, batteva le mani e gli gridava: – Bravo! Alla fine, il padrone del circo gli strinse la mano: – Complimenti! – gli disse – Ma dove hai imparato a fare il pagliaccio così bene? – Giocando con i miei compagni – disse il bambino. – Domani vieni ancora, che ripetiamo lo spettacolo – disse il padrone. E lui disse di sì. Ma di notte, mentre dormiva, il naso guarì. Al mattino il bambino si guardò allo specchio: tutto normale. – Come farò adesso a fare il pagliaccio al circo? – pensò preoccupato. Allora prese una pallina di gomma rossa e si fece un naso finto. Ma il padrone non lo voleva più. – La tua faccia non fa più ridere – gli disse, e lo mandò via. Il bambino era triste. Tornò a casa, andò a scuola, riprese la solita vita. Giocava ancora con i compagni a fare le stupidate, ma non era come al circo, davanti alla gente. Voleva ritornare là, a sentire gli applausi. Allora andò nel giardino ad annusare i fiori e sussurrava alle api: – Api, pungetemi il naso, così torno al circo. Api, pungetemi! Ma le api, indaffarate, non badavano a lui. Nessuna ape lo punse sul naso. Una invece gli ficcò il pungiglione nel sedere. – Ahi! – gridò il bambino, toccandosi il sedere che stava gonfiandosi. E cominciò un’altra storia.
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